Nuove professioni, nuove competenze

letto 1960 voltepubblicato il 30/06/2014 - 16:48, in Comunicazione Pubblica, Open Government, Qualità Web PA

Internet ha rivoluzionato un po' le nostre vite, ma non è stata la rivoluzione che pensavamo. Il Golem in fondo si è rivelato più piccolo di quanto pensassimo.

L'applicazione delle tecnologie mediali al nostro vivere quotidiano non ha modificato le difficoltà esistenti, dire però che forse le ha aggravate, è anch'essa una esagerazione.

In definitiva ciò che serve è inquadrare bene il problema.

Lo sviluppo dell'era digitale ha una sua funzione propria: ridisegnare la società in termini organizzativi e di tempistica. Propriamente, quindi, la materia è di pertinenza delle sociologia organizzativa.

Le organizzazioni un tempo avevano un flusso comunicativo tale che ne faceva il fulcro dell'azione. C'era un vertice che emanava compiti e funzioni verso i sottoposti, in un tipo di scambio unidirezionale (modello fordista). In seguito, semplicisticamente, si è passati da un modello peer to peer ad un modello multidirezionale.

In cosa cambiano le nuove strutture organizzative ? Nella modalità di esecuzione e gestione del proprio esistente, rinnovato continuamente nello scambio comunicativo interno ed esterno. Nell'essere punto di riferimento, in pratica, nodo dell'azione.

Questa diversa ottica sociale impone nuove strutture e professionalità che continuamente aggiornano se stesse e la forma associativa. Un mutamento che è al di là dall'assestarsi in canoni rigidi di autorità e autorevolezza, quanto, piuttosto, è in continua evoluzione. Ecco perchè internet genera da sé le proprie figure di relazione, informazione e orientamento, in una parola, di conoscenza.

Le nuove professioni, le nuove attitudini, i nuovi rapporti, che si ingenerano non si collegano più agli schemi passati. Il digitale è questo.

E questa nuova modalità orienta soprattutto la Pubblica Amministrazione, perché essa è per sua stessa natura, social.

La rete crea i suoi nodi che impersona nelle organizzazioni varie, ed in coloro che vi lavorano, in modalità flessibili e mutabili, di volta in volta e di tempo in tempo. E' un disegno che si compone nella trama stessa del vissuto.

Detto ciò, vediamo come sono, dovrebbero essere, le nuove professioni digitali.

A mio parere, partendo dal presupposto della conoscenza specifica e dell'attitudine, ce n'è per tutti i gusti.

Si parte dall'addetto/a all'e-mail-newsletter (un tempo “posta”), fino ad arrivare al tecnico specializzato in linguaggio html, o al tecnico informatico vero e proprio.

La comunicazione, s'è detto più volte, non è più una semplice trasmissione di pensiero in codice condiviso, è vieppiù un scambio volontario d'informazione e conoscenza, orientata ad uno scopo preciso.

La condivisione del codice, non è più un fatto etnografico, è anche un fatto materiale e meccanico.

Se i “nativi digitali” hanno la struttura mentale, e quindi l'attitudine, preposta, non è la stessa cosa per chi si congiunge con il tempo attuale, partendo da presupposti diversi e passati.

Agevolare il ricongiungimento dei codici diversi è compito delle nuove professioni digitali. Questa è la loro “mission”, utilizzando i vari livelli di abilità. Per cui l'organizzazione, ormai, si allontana sempre più dal modello verticistico e decisionale di un tempo, e si avvicina sempre più al modello “qualità della vita” di modernissima elaborazione.

Con internet è stato disegnato un nuovo modo di relazionare, e di semplificare l'azione ed il passaggio d'informazione, questo nuovo modo ha necessità di affermarsi attraverso un emprovement diverso delle figure di riferimento.

Ad esempio l'Ufficio Stampa della Pa, oggi dovrebbe avere compiti diversi e diversificati. Innanzitutto dovrebbe coordinare il flusso informativo esterno ed interno di una Pubblica amministrazione o di un qualunque organismo pubblico o privato. Non più semplicemente il riferimento della stampa, digitale o cartacea, per il reperimento delle notizie dell'Organo, ma anche vettore specialistico del flusso informativo, che andrebbe riassettato, organizzato e gestito e non solo, o non più, filtrato. A mio parere la Legge 150/2000 sugli Uffici stampa è completamente da rivedere.

All'Ufficio Stampa vedrei affiancato il Responsabile delle risorse umane, altra figura emergente nel panorama digitale, per gestire le abilità e le attitudini, nonché le specializzazioni, del personale inquadrato necessariamente in una pianta organica che tenga conto dei titoli e della esperienza.

L'Ufficio Stampa, mutuerebbe, così, un po', i compiti del Portavoce, che dal canto suo è referente e responsabile del solo flusso informativo del soggetto di riferimento, organizzandolo e gestendolo in rapporto con “l'esterno”, sia esso formato da dipendenti-utenti, che da pubblico-utenza.

Il portale web di una Pa, oltre a richiedere l'intervento di un tecnico informatico, specializzato in sofware e applicazioni di sistema, ha necessità anche di competenze giornalistiche e di web designer.

Come si vede, già da questo breve e semplice excursus, si evidenziano una miriade di figure che, tra l'altro, difficilmente “cozzerebbero” tra loro per la destinazione precisa del compito assegnato. Si diversifica, in tal modo, la comunicazione istituzionale (URP e BURC) dalla comunicazione propriamente politica: Uffici Stampa e Portavoce. Un ritorno a Taylor? Forse, ma alla luce dei rinnovati rapporti organizzativi.

A questo punto, ogni singolo dipendente può contribuire alla comunicazione interna ed esterna, apportando suggerimenti e modifiche che di volta in volta si evidenziano nelle fasi di lavoro, avendo come riferimento non solo, sindacati o datori di lavoro, ma l'Ufficio Stampa stesso, interessato a sua volta, al buon andamento dell'organizzazione, e sue finalità, perché indice del successo del suo personale lavoro informativo. Emerge che ogni specializzazione e figura lavorativa ha necessità di lavorare in raccordo con le altre per il perseguimento dello scopo organizzativo. Una rete all'interno dell'Organizzazione sembrerebbe un vero toccasana.

In definitiva, la comunicazione interna dovrebbe essere la partecipazione dei dipendenti al “valore” e al “progetto” dell'organizzazione per cui lavora, ma non in via esclusiva e totalizzante, bensì in via efficace ed efficiente.

L'andamento della PA, in tal modo, “automaticamente” viene orientato alla programmazione e progettazione, e diviene sempre meno preda delle influenze “disabilitanti” e sempre più preda degli “influencer” abilitanti.

Quindi per il nuovo dizionario della comunicazione pubblica, come primo approccio, si potrebbero inserire voci come Responsabile/Addetto newsletter, R/A stampa digitale, R/A rassegna stampa ma anche R/A comunicazione interna, R/A comunicazione esterna, digital resource, digital referent, coordinatore digitale, coordinatore comunicativo, coordinatore informativo, coordinatore informatico ecc....

Sarebbe bello approfondire meglio l'argomento.