COMANDANTE POLIZIA LOCALE non può svolgere funzioni di amministrazione attiva

letto 8220 voltepubblicato il 08/12/2016 - 07:32, in Disciplina delle attività produttive (SUAP e non solo), Integrità, Sviluppo Locale

COMANDANTE POLIZIA LOCALE non può svolgere funzioni di amministrazione attiva

TAR CAMPANIA – NAPOLI, SEZ. III – sentenza  24 novembre 2016 n. 5463

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Sul tema si era già pronunciata ANAC, Orientamento n. 57/2014

Colui che riveste il ruolo di Comandante della Polizia locale non può svolgere funzioni di responsabilità nell’esercizio di servizi di un Comune per i quali è necessario emettere provvedimenti autorizzatori o concessori oggetto di attività di controllo in virtù della sua principale qualifica, sussistendo un’ipotesi di conflitto di interesse, anche potenziale

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Pubblicato il 24/11/2016
N. 05463/2016 REG.PROV.COLL.
N. 01929/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1929 del 2016, proposto da:

Società xxxx Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Gian Luca Lemmo C.F. LMMGLC68L21F839T, con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via del Parco Margherita N.31;

contro

Comune di Benevento, in persona del Sindaco, legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Luca Coletta C.F. CLTLCU67R18F839I, Vincenzo Catalano C.F. CTLVCN63E01A783W, con domicilio eletto presso Luca Coletta in Napoli, via Cimarosa, 69 Studio Falcone;

per l’annullamento:

della Nota prot. n. 30397 del 04/04/2016 emessa dal Dirigente Comandante del Settore Polizia Municipale – Ufficio Tecnico del Traffico del Comune di Benevento, avente ad oggetto il rigetto della richiesta di autorizzazione di impianti pubblicitari permanenti già preesistenti sul territorio Comunale di Benevento;

di ogni altro atto presupposto, connesso o conseguenziale, comunque lesivo dei diritti della società ricorrente ed in particolare del Piano generale per gli impianti pubblicitari approvato dal Comune id Benevento con Delibera di Consiglio comunale n. 80 del 17.12.2015.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Benevento;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’Udienza pubblica del giorno 8 novembre 2016 il Consigliere Alfonso Graziano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.Con il ricorso in esame la ricorrente società, esercente attività di pubblicità e titolare di 8 autorizzazioni all’installazione di impianti pubblicitari nel resistente Comune, impugna la nota prot. n. 30397 del 4.4.2016 con la quale il Dirigente Comandante della Polizia municipale – Ufficio tecnico del traffico del Comune di Benevento comunica di non poter accogliere la predetta richiesta in quanto gli impianti che ne formavano oggetto contrastano con le nuove disposizioni del Piano generale degli impianti approvato dal Consiglio comunale con Deliberazione n. 80 del 17.12.2015.

L’impugnazione è estesa anche a siffatto Regolamento del Comune di Benevento recante il “piano generale per gli impianti pubblicitari” che all’art. 76 dispone che “si considerano revocate” le autorizzazioni degli impianti pubblicitari già installati sul territorio comunale, con obbligo di richiedere una nuova autorizzazione entro 90 giorni dalla sua approvazione, pena l’abbattimento dei manufatti ed attribuisce la competenza al rilascio delle autorizzazioni al Dirigente del Settore Polizia Municipale – Gestione del Traffico – Servizio impianti pubblicitari del Comune.

1.1.Si è costituito il Comune di Benevento con memoria e produzione documentale del 13.5.2016.

Alla Camera di consiglio del 17.5.2016 la Sezione con Ordinanza n. 779 del 2016 respingeva la richiesta di sospensiva sul rilievo dell’assenza del pregiudizio grave ed irreparabile, al danno lamentato da parte ricorrente potendo ovviarsi per via della sollecita fissazione del merito.

Alla pubblica Udienza dell’8.11.2016, fissata con la citata Ordinanza, sulle conclusioni delle parti la causa è stata trattenuta in decisione.

2. Va preliminarmente esaminata l’eccezione di inammissibilità del gravame per carenza di interesse, sollevata dalla difesa comunale sostenendo la natura non immediatamente lesiva della impugnata nota, che a dire del Comune di Benevento costituisce atto interlocutorio che si iscrive nell’ambito del procedimento di verifica di conformità ed eventuale adeguamento al Piano delle autorizzazioni già rilasciate.

Ad oggi non esisterebbe alcun formale atto di revoca delle autorizzazioni né un provvedimento sanzionatorio di rimozione degli impianti. Le norme regolamentari non determinano la revoca tout court ed indistinta delle autorizzazioni precedentemente rilasciate, per cui non essendo stato a tutt’oggi adottato alcun atto di revoca o di ingiunzione di rimozione degli impianti, il regolamento non sarebbe idoneo a pregiudicare la sfera giuridica delle istanti.

Dal che consegue che il provvedimento avversato è privo di immediata lesività.

2.1. L’eccezione non persuade il Collegio e va disattesa.

Invero, la portata e l’idoneità immediatamente lesiva della nota prot. n. 30397 del 4.4.2016 a firma del Dirigente Comandante della Polizia Municipale – Settore gestione del traffico (doc. 2 produzione ricorrente) traspare incontestabilmente dal suo tenore determinativo, espresso nei termini secondo i quali “Con riferimento alla Vs. richiesta del 4.3.2016 (…) con la quale si chiede a Codesto Comune l’autorizzazione per gli impianti già esistenti sul territorio comunale, si fa presente che gli stessi non possono essere autorizzati in quanto: l’impianto n°1 di Via Posillipo è in contrasto con l’art. 5 comma 1 del P.G.I.P.”, etc.

Il Collegio è dunque al cospetto di un formale e tipico provvedimento di diniego di autorizzazione, contenente anche le relative sintetiche motivazioni.

Non può pertanto seriamente revocarsi in dubbio l’imperatività e l’immediata lesività dell’atto impugnato, che sostanzia il rigetto di un’istanza di autorizzazione e che per ciò stesso legittima il destinatario ad insorgere in sede giurisdizionale amministrativa avverso di esso nonché avverso l’atto generale presupposto di cui quel provvedimento costituisce applicazione, ovverosia il Piano generale per la pubblicità e gli impianti approvato dal Consiglio comunale con delibera n. 80 del 17.12.2015 che, infatti, la ricorrente ha opportunamente contestualmente impugnato quale atto presupposto.

3. Approdando al merito del gravame rileva il Collegio che le autorizzazioni allegate dalla ricorrente all’installazione di impianti pubblicitari nel Comune di Benevento, sono state rilasciate dall’Ente resistente a tempo indeterminato e risalgono a molti anni addietro

Tanto è a dirsi per l’autorizzazione in data 12.06.2003, prot. gen. 33280 (doc.5 ricorrente) nonché relativamente all’autorizzazione del 25.1.1992, prot. 5797 rilasciata alla (Doc. 6), entrambe aventi ad oggetto l’esecuzione di lavori di installazione di poster pubblicitari e quindi, specie la seconda che richiama le leggi n. 1115/1942 e n. 47/1985 concretando prevalentemente la sostanza di autorizzazioni edilizie; il che spiega anche la loro efficacia a tempo indeterminato.

Così ricostruito il contenuto e gli effetti delle autorizzazioni allegate della xxxx s.r.l.,, appare al Collegio ragionevole e non confliggente con i principi di buona amministrazione e buon andamento di cui all’art. 97 della Costituzione la previsione che sottende le linee di fondo dell’avversato Piano generale per la pubblicità approvato con deliberazione del Consiglio comunale di Benevento n. 80 del 17.12.2015, secondo la quale con tale strumento di pianificazione il Comune intende dotarsi di una regolamentazione a regime della distribuzione e dell’ubicazione degli impianti pubblicitari onde perseguire un ordinato assetto della varia segnaletica presente sulle strade, armonizzandola con quella stradale, garantendo la sicurezza della circolazione e scongiurando confusioni per gli utenti.

Non è pertanto irragionevole ed incongruo imporre un generale obbligo di adeguamento degli impianti esistenti alle nuove previsioni recate dal Regolamento in questione, specie ove gli impianti pregressi siano stati autorizzati a tiolo provvisorio, se non precario, in vista ed in funzione della preconizzata novella regolamentazione ovvero a tempo indeterminato con titoli aventi la sostanza di autorizzazioni edilizie.

4.Ciò posto in termini generali, nel merito del ricorso si prospettano fondati ed assorbenti due profili di censura, svolti il primo con la seconda parte del primo motivo e il secondo con la seconda parte del terzo.

Quanto al primo, lamenta la ricorrente che le disposizioni regolamentari non possono avere efficacia se non per l’avvenire, conseguendone che la norma transitoria, in apertura del motivo indicata nell’art. 62 del Piano in esame, viola il principio di irretroattività applicabile anche agli atti aventi natura regolamentare soprattutto nel caso, come quello all’esame, in cui rinvengono la loro fonte di legittimazione nella legge. La violazione del divieto di irretroattività emerge nella specie anche alla luce della mancata previsione di un regime transitorio.

4.1. La censura persuade il Collegio e va conseguentemente accolta.

La fonte di legittimazione del regolamento impugnato, alla quale fa riferimento la ricorrente e costituente il parametro legislativo sul quale misurare la proiezione temporale delle censurate norme regolamentari, è l’art. 3, comma 4 del d.lgs. 15.12.1993, n. 507, che istituisce una regime legale di differimento dell’entrata in vigore del regolamento sulla pubblicità, il quale può trovare applicazione solo a partire dal primo gennaio dell’anno successivo a quello in cui è divenuta esecutiva la relativa delibera di approvazione.

Alla luce di questa norma di fonte primaria, evidenzia quindi il Collegio l’illegittimità della norma di cui all’art. 62, co. 1 del Piano generale per gli impianti pubblicitari impugnato laddove disciplina l’entrata in vigore dello strumento di pianificazione in analisi.

Detta norma al comma 1 dispone, che “Il presente Regolamento e P-G-I-P. entrerà in vigore il giorno successivo alla sua esecutività”.

Sul punto rileva il Collegio che la deliberazione del Consiglio comunale di Benevento n. 80 del 17.12.2015 con cui è stato approvato il Piano generale per la pubblicità e gli impianti oggetto di impugnazione, è stata pubblicata mediante affissione all’Albo pretorio comunale il 4 febbraio 2016 (cfr. certificato di pubblicazione a firma del Segretario comunale del messo comunale) e vi è rimasta affissa per quindi giorni.

A norma dell’art.134 co. 3 del d.lgs. n. 267 del 2000, a mente del quale “Le deliberazioni non soggette a controllo necessario o non sottoposte a controllo eventuale diventano esecutive dopo il decimo giorno dalla loro pubblicazione”. Il Piano generale sugli impianti pubblicitari del Comune di Benevento è dunque entrato in vigore il 29 febbraio 2016, ossia dieci giorni dopo il perfezionamento della sua pubblicazione avvenuto il 19 febbraio.

Il disposto dell’art. 62. co. 1 di tale regolamento, che stabilisce siffatta entrata in vigore, confligge tuttavia con l’art. 3, comma 4 del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, recante revisione ed armonizzazione dell’imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, a termini del quale “Il regolamento entra in vigore dal primo gennaio dell’anno successivo a quello in cui la relativa deliberazione è divenuta esecutiva a norma di legge”.

Il Piano generale impugnato, che ha la sostanza e la forma del regolamento generale per l’applicazione dell’imposta sulla pubblicità e per l’effettuazione del servizio delle pubbliche affissioni disciplinato dall’art. 3 del d.lgs. n 507/1993, in virtù del comma 4 di questa norma sarebbe, dunque, dovuto entrare in vigore il 1°gennaio dell’anno successivo a quello in cui la relativa deliberazione è divenuta esecutiva a norma di legge, ovverosia il 1° gennaio 2017.

4.2.Il regime legale ordinario di vigenza ed applicazione del regolamento sull’applicazione dell’imposta sulla pubblicità e di effettuazione delle pubbliche affissioni è quindi improntato al differimento dell’entrata in vigore dello stesso, e ciò all’evidente fine di consentire agli operatori del settore di adattarsi alle nuove disposizioni, conoscendole anzitempo e predisponendo gli strumenti e gli assetti logistici necessari a conformarsi alle novelle disposizioni; istituendo in sostanza quel regime transitorio effettivo la cui mancanza è fondatamente lamentata dalla ricorrente.

La conseguenza del tratteggiato regime legale di posticipazione degli effetti del regolamento sulla pubblicità e le pubbliche affissioni è che ove si stabilisca, come nel caso di specie, che il regolamento o piano generale sulla pubblicità si applichi a partire dalla data di esecutività della delibera di approvazione, si dispone l’entrata in vigore retroattiva della disciplina, violandosi il principio di irretroattività.

Possono quindi pertinentemente essere richiamate le acquisizioni giurisprudenziali raggiunte intorno al principio di irretroattività delle norme, che è esteso agli atti amministrativi, con particolare riguardo a quelli a contenuto generale ed astratto, aventi portata normativa.

4.3. Al riguardo, rimarca in punto di diritto il Collegio come l’irretroattività delle norme costituisca principio ordinamentale di carattere generale, derogabile dal Legislatore – non certo dall’amministrazione – in casi del tutto eccezionali che non è questa la sede per trattare.

La giurisprudenza ha da tempo sancito tale canone di civiltà giuridica, contestualmente peraltro individuando anche le ipotesi nelle quali può riconoscersi una limitata retroattività agli atti amministrativi, indicandole generalmente nei casi in cui la retroattività sia vantaggiosa per l’interessato o consegua ad una pronuncia giurisdizionale.

Si è infatti precisato che “La retroattività degli atti amministrativi, in osservanza del principio della certezza dei rapporti giuridici, è in via generale da escludere; non potendo, infatti, la stessa legge disporre in via normale che per l’avvenire, a fortiori, non può disporre che per l’avvenire anche l’atto amministrativo, che si trova in posizione alla stessa subordinata. Si ammette, tuttavia, che un atto amministrativo possa avere effetto retroattivo allorquando ricorra una delle seguenti ipotesi: a) espressa previsione di legge, ben potendo la legge, salvo che in materia penale (art. 25, comma 2, cost.), disporre anche per il passato; b) essenza dell’atto (esemplificativamente: annullamento di una precedente statuizione); c) doverosità (esemplificativamente: ottemperanza a pronunce amministrative o giurisdizionali); d) vantaggio per l’interessato (T.A.R. Lazio – Latina, 8 novembre 2002, n. 994)” (T.A.R. Marche, 29.11.2006 n. 1388).

Va segnalato che più di recente il Consiglio di Stato ha affermato nettamente la natura generale del principio di irretroattività e il divieto di retroattività anche dei regolamenti ministeriali, statuendo che “Il principio di irretroattività rappresenta un principio generale dell’ordinamento, che come tale vincola certamente la fonte secondaria, il regolamento ministeriale il quale, in assenza di una chiara deroga legislativa al principio di irretroattività, non può che disporre nel senso della irretroattività, essendo certamente illegittimo il regolamento retroattivo” (Consiglio di Stato, sez. VI, 3 marzo 2016, n. 882).

Con tale pronuncia il Consiglio ha a chiare note affermato che “Il principio di irretroattività, invero, sebbene non costituzionalizzato fuori dalla materia penale:

– rappresenta un principio generale dell’ordinamento, come si desume dall’art. 11 della Preleggi che espressamente statuisce che la “legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo”;

– trova un suo fondamento ulteriore nei principi di tutela dell’affidamento e della certezza del diritto, la cui crescente importanza è confermata anche dalla giurisprudenza sovranazionale, tanto della Corte di giustizia quanto della Corte europea per la tutela dei diritti dell’uomo” (Consiglio di stato, Sez. VI, n. 882, par. 52).

5. Con la seconda parte del terzo motivo la deducente, rubricando a tal fine il vizio di incompetenza, lamenta che risulta palese l’incompetenza del Dirigente del settore Polizia municipale, che è competente solo a verificare la compatibilità degli impianti alle disposizioni del Piano generale sulla pubblicità e gli impianti e a quelle del Codice della strada, ma non anche ad adottare gli atti di diniego e meno che mai quelli di annullamento o revoca delle autorizzazioni all’installazione degli impianti pubblicitari.

Sul punto l’Avvocatura civica ribatte che è lo stesso regolamento all’art. 55 che attribuisce la competenza al rilascio dell’autorizzazione al Dirigente del Settore Polizia municipale – Gestione traffico “al contempo anche dirigente del Settore Ambiente – Energia – Mobilità, Verde Pubblico del Comune di Benevento” (memoria del 13.5.2016, penultima pagina).

Siffatta precisazione, che oltretutto in quanto proveniente dal Dirigente del settore Avvocatura comunale può essere considerata illuminante sul riparto delle competenze in seno al Comune di Benevento, fa luce sulla circostanza che il Corpo di Polizia municipale è incardinato in un’Area amministrativa più ampia, nella quale coesistono anche settori (o servizi) amministrativi, ossia quelli indicati dall’avvocatura civica nel passo sopra riportato, vale a dire il settore ambiente, il settore energia, il settore mobilità e il settore verde pubblico.

Al vertice di tale congerie disparata ed eterogenea di settori e servizi è posto il dirigente Comandante della Polizia municipale, che, invero, ha sottoscritto sia il provvedimento impugnato che la relazione di servizio del 28.4.2016 prot. 38793 prodotta dalla difesa comunale in allegato alla memoria del 13.5.2016, nella precisata sua qualità di “Dirigente Comandante”.

5.1. Orbene, a parere del Collegio, sotto un primo profilo di indagine, la delineata commistione e il tratteggiato cumulo di funzioni, amministrative e gestionali e al contempo di vigilanza e controllo tipiche della Polizia municipale, in capo ad una sola figura dirigenziale confliggono con i principi elaborati dalla giurisprudenza formatasi in materia e che il Collegio condivide, ed attinti dalla legge quadro sull’ordinamento della Polizia municipale n. 65 del 1986 e con il recente orientamento espresso al riguardo dall’Autorità Nazionale Anticorruzione.

Correlativamente si prospetta persuasiva la censura di incompetenza articolata dalla ricorrente, secondo cui il comandante della Polizia municipale è competente solo ad accertare la compatibilità o conformità degli impianti pubblicitari alle prescrizioni del regolamento locale ovvero del Codice della strada, ma non certo ad adottare i provvedimenti di diniego delle autorizzazioni e men che meno quelli di annullamento delle stesse, nonché, aggiungasi, i provvedimenti di autorizzazione all’installazione degli impianti stessi, che, come ricorda la difesa comunale, l’art. 55 del Piano generale impugnato rimette alla competenza del dirigente comandante della Polizia municipale.

5.2. Sotto il primo profilo, concernente il cennato cumulo di competenze e la giustapposizione del Corpo di polizia municipale a settori amministrativi eterogeni (Ambiente, energia, verde pubblico etc., come segnalato dalla Avvocatura comunale) rileva il Collegio che la giurisprudenza, anche recente, ha stigmatizzato siffatto accorpamento, evidenziando la peculiarità della Polizia municipale, che ha compiti e funzioni sue proprie, non riconducibili ad alcun settore e pertanto non è collocabile in una struttura amministrativa (più ampia).

Si è in proposito statuito che “La polizia municipale, una volta eretta in Corpo, non può essere considerata una struttura intermedia in una struttura burocratica più ampia, per esempio un settore amministrativo, né essere posta alle dipendenze del dirigente amministrativo di tale struttura. Ne deriva l’illegittimità, per violazione della l. n. 65 del 1986, recepita in Sicilia dalla l. reg. n. 17 del 1990, del provvedimento del comune che colloca l’istituito Corpo di polizia municipale all’interno di un’Area amministrativa” (T.A.R. Sicilia – Catania, Sez. I , 13 aprile 2006 n. 589).

Più di recente si è in tale ottica precisato che “la polizia municipale è struttura organizzativa non dipendente da alcun “settore” e avente compiti e funzioni specifiche non riconducibili ad alcun settore” (T.A.R. Lazio – Latina, Sez. I, 4 novembre 2010 n. 1860).

6. Ricostruita nei precisati termini, in sintesi, la collocazione del Corpo di polizia municipale all’interno dell’organizzazione dell’Ente locale, consegue che al Comandante del corpo stesso non possono essere attribuite dai regolamenti locali, quali quello impugnato, funzioni di amministrazione attiva consistenti nell’adozione di provvedimenti amministrativi, sia essi di contenuto negativo, quali il diniego di autorizzazioni o concessioni, si essi di contenuto positivo, quali il rilascio di provvedimenti ampliativi.

Una simile potestà autorizzatoria, infatti, determina la sovrapposizione in capo ad una stessa figura, di funzioni di autorizzazione e al contempo di funzioni di vigilanza e controllo delle autorizzazioni rilasciate, generandosi un evidente conflitto di interessi, atteso che vengono in tal modo a coincidere in un unico soggetto la funzione di controllore dei provvedimenti che egli stesso ha rilasciato e degli atti amministrativi che ha a tal fine adottato, con conseguente dequotazione del principio di imparzialità, vulnerato, anche solo potenzialmente, laddove la funzione di controllore venga attribuita allo stesso soggetto controllato.

La giurisprudenza si è già occupata della questione odiernamente al vaglio della Sezione, avendo condivisibilmente chiarito che al Comandante della Polizia municipale non possono essere attribuite funzioni proprie della ordinaria struttura amministrativa che potrebbero interessare istituzionalmente la polizia municipale sotto l’aspetto operativo, di controllo o repressione di violazioni.

Si è infatti condivisibilmente statuito che ”E’ da escludere che possano essere attribuite all’organo di vertice della polizia municipale funzioni, come l’autorizzazione alla rivendita di riviste e giornali, proprie della ordinaria struttura burocratico – amministrativa comunale (v. art. 51 lett. f), l. 8 giugno 1990 n. 142 e successive modificazioni e integrazioni) e che, eventualmente, potrebbero, istituzionalmente, interessare la polizia municipale sotto il diverso aspetto operativo, di controllo o repressione di violazioni: detta attribuzione, dunque, è contraria a criteri di logica (applicabili dal giudice della legittimità), ai principi di buona amministrazione (di cui all’art. 97 cost. e, altresì al disegno organizzativo che trapela sia dalla l. 7 marzo 1986 n. 65 sia dall’ art. 51, l. n. 142 del 1990)” (T.A.R. Molise, 7 marzo 2000, n. 42).

Sulla stessa linea esegetica si è poi ribadito, con riferimento alla L. n. 65 del 1986 che “Ai sensi dell’art. 7 della stessa legge, nei commi in cui venga istituito il Corpo di Polizia Municipale, il Comandante assume le funzioni di responsabile del Corpo stesso.

Orbene, nella specie, l’attribuzione di responsabilità assegnata al Comandante dei vigili urbani nel settore V (che comprende annona, commercio e polizia), contrasta con le indicate disposizioni di legge sotto un duplice profilo: a) il Comandante dei vigili urbani non può essere attributario di responsabilità in materia (annona e commercio) nelle quali non ha alcuna professionalità, essendo per dettato legislativo, la sua funzione di esclusivo controllo del territorio sotto il profilo di polizia e di ordine pubblico;” (T.A.R. Puglia – Bari, Sez. II, 20.5.2005, n. 2412).

Il rassegnato orientamento è stato espresso anni addietro anche dal Giudice d’appello, che ha avuto occasione di precisare che “Le competenze attribuite dall’ordinamento (artt. 3 e 5 della legge 7 marzo 1986, n. 65, e, nella specie, art. 6 della legge regionale 24 febbraio 1990, n. 20) al corpo di polizia municipale consistono, in misura assolutamente prevalente, in compiti di prevenzione e vigilanza sull’osservanza di norme e di regolamento nei settori di competenza comunale; di accertamento e di contestazione delle eventuali infrazioni; di adozione di provvedimenti sanzionatori. A queste attività di aggiunge l’espletamento di funzioni di polizia giudiziaria, di polizia stradale e, in determinate circostanze, di pubblica sicurezza” (Consiglio di Stato, Sez. V, 12 agosto 1998, n. 1261).

Segnala altresì il Collegio che, come si avvertiva più sopra, anche l’Autorità Nazionale Anticorruzione ha di recente enunciato l’avviso, espresso in un o specifico orientamento, secondo il quale “sussiste un’ipotesi di conflitto di interesse, anche potenziale, nel caso in cui al Comandante/Responsabile della Polizia locale, indipendentemente dalla configurazione organizzativa della medesima, sia affidata la responsabilità di uffici con competenze gestionali, in relazione alle quali compie anche attività di vigilanza e controllo” (A.N.A.C. – Sito web istituzionale – Orientamenti in materia di Anticorruzione – Orientamento n. 19 del 10 giugno 2015).

Nel caso al esame del Collegio si rileva che alla Polizia municipale sono conferiti compiti di controllo e vigilanza sulle autorizzazioni all’installazione di impianti pubblicitari dagli articoli 55 n. 6 e 61, co. 1 del Piano generale impugnato e correlativamente con l’art. 52 co. 4 e l’art. 55 n. 1 dello tesso regolamento, come del resto evidenziato anche dall’Avvocatura civica nel riportato passo della memoria del 13.5.2016, è attribuita la potestà di rilasciare le autorizzazioni all’installazione dei predetti impianti.

In definitiva, alla luce delle considerazioni fin qui esposte, sono illegittime e vanno annullate le norme del Regolamento – Piano Genarle per gli impianti e la pubblicità approvato con delibera del Consiglio comunale di Benevento n. 80 del 17.12.2015 che attribuiscono al Dirigente della Polizia municipale il rilascio – ovvero il diniego – dell’autorizzazione all’installazione degli impianti pubblicitari, ed, in particolare, gli articoli 52, comma 4, primo periodo e 55 comma 1.

In accoglimento della seconda parte del primo motivo va invece annullato l’art. 62, comma 1 del Regolamento predetto.

Le determinazioni impugnate, adottate in applicazione delle citate disposizioni regolamentari, sono conseguentemente viziate per illegittimità derivata, con assorbimento delle ulteriori censure dedotte.

Le spese di lite possono essere integralmente compensate tra le parti in ragione della novità delle questioni affrontate, fermo restando il rimborso del contributo unificato versato dalla società ricorrente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte nei sensi di cui in motivazione e per l’effetto annulla gli articoli 62, comma 1, 52, comma 4, primo periodo e 55 comma 1 del Piano generale e regolamento degli impianti pubblicitari approvato dal Comune di Benevento con Delibera di Consiglio comunale n. 80 del 17.12.2015, nonché la Nota prot. n. 30397 del 04/04/2016.

Compensa integralmente le spese di lite tra le parti, fatto salvo il rimborso del contributo unificato a carico del Comune di Benevento.

Ordina che la presente Sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella Camera di consiglio del giorno 8 novembre 2016 con l’intervento dei Magistrati:

Fabio Donadono, Presidente

Vincenzo Cernese, Consigliere

Alfonso Graziano, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE               IL PRESIDENTE

Alfonso Graziano            Fabio Donadono