Linee Guida Anac sui Servizi legali: Parere critico del Consiglio di Stato

letto 1775 voltepubblicato il 07/08/2018 - 17:54, in Cultura digitale , Formazione PA, FORUM APPALTI

Con parere numero 2017 del 3 Agosto 2018 Il Consiglio di Stato (Adunanza della Commissione speciale del 9 Aprile scorso) si è espresso sulle linee guida adottate dall’ANAC sull’affidamento dei servizi legali, così come disciplinato in modo non chiarissimo dall'articolo 17 e dall'allegato IX del Codice dei contratti pubblici (Decreto legislativo n. 50/2016).

Il CdS, con questo secondo intervento, (il primo parere, numero 2109, del 6 ottobre 2017, aveva carattere interlocutorio), mira a dirimere alcuni dubbi interpretativi insorti negli operatori del settore in seguito all’entrata in vigore delle nuove norme sui servizi legali, che hanno profondamente innovato questa particolare tipologia di affidamento.

Il nucleo centrale dell'argomentazione ruota attorno alla distinzione civilistica ( a dire il vero non avallata dal dato letterale del Codice Appalti ne tantomeno dalle direttive europee!) tra le due diverse tipologie di “prestazione di servizi legali”.

1) CONTRATTO D'OPERA DI NATURA INTELLETTUALE: Servizi legali c.d esclusi, di cui all'articolo 17 comma 1 lett. d)
“Si caratterizza per il fatto che il professionista esegue la prestazione con lavoro prevalentemente proprio, non organizzato in forma imprenditoriale (artt. 2222, 2229 e ss.). E’ questa l’ordinaria modalità attraverso la quale i servizi legali vengono prestati. Il contratto tra avvocato e cliente, infatti, si caratterizza per il fatto che il primo esegue l’incarico assunto personalmente. La prevalenza del lavoro personale sull’organizzazione dei mezzi è ragione dell’intuitus personae che connota il contratto d’opera professionale: il cliente decide di affidarsi a quel professionista perché ne riconosce le capacità nell’esecuzione della prestazione...”

2) APPALTO DI SERVIZI LEGALI: Servizi legali cui si riferisce l’Allegato IX:
“ le attività – anche rese da avvocati iscritti all’albo ai sensi dell’art. 2, comma 6, l. 247 del 2012 – connotate dallo svolgimento in forma organizzata, continuativa e con rischio assunto prevalentemente dal professionista incaricato. Questi, infatti, dovrà pianificare il servizio in modo da garantire la piena soddisfazione delle esigenze legali dell’ente – non esattamente quantificabili nella loro consistenza al momento dell’assunzione dell’incarico e ricavare un utile remunerativo dalla sua attività. Si versa in una tipica ipotesi di contratto di appalto di servizi, il quale presuppone che l’appaltatore, invece, esegua la prestazione servendosi dell’organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio (art. 1655 cod. civ.). I servizi legali, avendo riguardo alla funzione concreta perseguita dalle parti, possono essere resi anche in questo diverso contesto negoziale. Ciò si verifica quando il cliente richiede una prestazione continuativa che viene resa da uno o più professionisti organizzati che si impegnano a trattare l’intero contenzioso del cliente stesso.”
CRITICHE ALL'UTILIZZO DEL PRINCIPIO DI ROTAZIONE
Fatta questa importante distinzione, Il CdS, suggerisce, inoltre,di rivedere il punto 3.1.3. delle Linee Guida Anac sui servizi legali nella parte in cui individuano quale criterio prioritario per l’individuazione del professionista inserito nell’elenco quello di rotazione, solo contemperabile con «la necessità di tener conto delle specifiche competenze tecniche richieste per lo svolgimento dell’incarico....in quanto il criterio della rotazione difficilmente può essere attuato in modo da poter assicurare una scelta rispettosa delle competenze tecniche necessarie per il caso concreto».