Facebook fa perdere tempo ai funzionari pubblici?

letto 4003 voltepubblicato il 24/11/2008 - 13:28 nel blog di Salvatore Marras

Un di Vittorio Zambardino sulla Repubblica e un di Carlo Mochi Sismondi su ForumPA non possono passare inosservati: è giusto impedire l'accesso ai social network dalle reti delle pubbliche amministrazioni?
Il tema ci interessa molto direttamente: InnovatoriPA è una rete sociale per la PA!
Su The Guardian, Michael Fitzpatrick ha anticipato l' fornendo un dato che, prima di oscurare un sito come Facebook, si dovrebbe considerare: l'Italia ha un tasso di accesso a internet tra i più bassi d'Europa il 32,8%, meno del Portogallo e meno della metà dell'Olanda.
Se esiste uno strumento che fa crescere la voglia di andare su internet ha senso combatterlo o non sarebbe più logico usarlo (come fa la Fiat) per comunicare e lavorare in rete?
In una del Sole24ore tuttora in corso (per partecipare ci vorrebbe l'accesso a FB) emerge che l'uso più frequente che si fa è per amicizia e divertimento, ma che c'è uno stretto legame con le relazioni sociali legate al proprio lavoro.
Quindi certamente l'uso che se ne fa è prevalentemente extralavorativo, ma quante altre cose (non solo su internet) si dovrebbero interdire?

11 commenti

Laura Strano

Laura Strano15/02/2009 - 13:27
dalla ricerca del Sole 24 ore, citata da Salvatore Marras emerge che: Poste Italiane hanno abilitato tutta una serie di filtri anti- Facebook, e anche enti territoriali come le Regioni, Lombardia, Veneto e Campania, al Comune di Napoli Fb è stato razionato: non più di un'ora al giorno di libera navigazione, divisa in sei sessioni da dieci minuti ciascuno, al Comune di Torino internet libero solo in pausa pranzo (13-14,30). Il problema a mio avviso è di responsabilità e professionalità nell'utilizzo dello strumento. Mi pongo alcuni problemi concreti perchè non ho le idee molto chiare. Ad es. pensando all’utilizzo di fb come comunicazione interna informale fra colleghi, lo troverei utilissimo. Un banalissimo esempio concreto: l' Amministrazione presso cui presto servizio è dislocata su cinque piani; spesso inevitabilmente si perde tempo per cercare un registro protocollo, o anche un collega o un fascicolo ecc ; con una bacheca on line tipo fb banalmente si potrebbe accelerare ed evitare il saliscendi. Vi si potrebbero pubblicare anche le circolari interne …..o altre comunicazioni di interesse comune Capisco che è riduttivo……………ma sarebbe già un successo e un modo per cominciare Come poi fb possa inserirsi all’interno di un procedimento amministrativo nel cui ambito ogni dipendente ha comunque le sue responsabilità che gli derivano anche dall’appartenenza ad una categoria contrattuale, credo che vada progettato caso per caso, ufficio per ufficio, magari cominciando prima con piccoli gruppi e poi estendendo la rete successivamente. Certo che se tutte le amministrazioni lo utilizzassero istituzionalmente allora le potenzialità sarebbero illimitate Il problema dovrebbe cominciare ad essere affrontato, a mio avviso, anche dal punto di vista normativo generale , perché, se è pur vero che nulla ne vieta l’utilizzo, è anche vero che là dove esistono forte resistenze culturali o scarsa conoscenza , probabilmente una direttiva o una circolare ministeriale indirizzata a tutte le P.A. potrebbe, forse, incoraggiarne l'autorizzazione da parte della Dirigenza all’utilizzo e alla sperimentazione, che comunque, se si pensa all'utilizzo per finalità d'ufficio, mi pare necessaria. Ma il Ministro cosa ne pensa?
Mario Fabiani

Mario Fabiani10/12/2008 - 17:52
Cito questo articolo di oggi su "Corriere.it": http://www.corriere.it/politica/08_dicembre_09/salvini_facebook_cancella.... Mi sembra uno straordinario esempio di come Facebook distragga anche una particolarissima categoria di dipendenti pubblici: i nostri parlamentari. E' anche e soprattutto una dimostrazione di come in effetti questo strumento stia avvicinando alla rete anche gente che quanto a cultura informatica è decisamente carente. Quasi una "rete nella rete", la killer application di internet, almeno in Italia. Sorvolo (per ora) sulle considerazioni del deputato in questione circa le competenze del "ministro delle telecomunicazioni" (che non esiste più!). Visto che mi riguarda da vicino, ne parlerò in un post nel mio blog... In ogni caso i problemi descritti nell'articolo sono reali, a cominciare dal fatto che la responsabilità di Facebook in quanto gestore dei dati personali di milioni di utenti non può più essere ignorata. Ma di fatto non esistono soggetti, in Italia, a cui questa responsabilità possa essere riferita. Se da un lato quindi Facebook può essere la testa di ponte per far scoprire la rete agli italiani, dall'altro non bisogna scordarsi che la scarsa alfabetizzazione informatica porta molte persone a buttarsi nella rete senza difese e con scarsissima consapevolezza dei rischi che corre. E i nostri rappresentanti, purtroppo, non fanno eccezione. Si spera che come reazione non si invochi l'ennesimo intervento repressivo (magari del "ministro fantasma" delle telecomunicazioni...), ma si cerchi invece di diffondere un po' di più l'informazione su un uso consapevole della rete.
Marcello Testi

Marcello Testi12/12/2008 - 10:55
Per quanto conosco direttamente, i casi che ho visto di disattivazione di utenti di Facebook erano legati ad attività di presunto spamming o comunque ad un uso disinvolto dei contatti e delle funzioni "promozionali". Tra l'altro, sempre per quanto so io, le sanzioni erano arrivate dopo degli avvisi. Dato che la comunicazione politica (anche qui parlo della mia limitata esperienza) viaggia molto spesso sul filo di un uso disinvolto dei contatti personali, forse forse...
Sergio Agostinelli

Sergio Agostinelli01/12/2008 - 10:02
In alcune organizzazioni, non solo della PA, per le innovazioni vale il principio "non capisco ...e non mi adeguo", risolto normalmente con "...e non ci serve". Facebook, come gli altri social network, sono solo degli strumenti. Ma sono gli strumenti che si utilizzeranno sempre di più nel futuro. Immaginate tra 5 anni. Il problema è avere decisori di politiche di gestione con competenze professionali adeguate all'interno delle organizzazioni, capaci di sfruttare al massimo le opportunità, più che concentrarsi sempre sui rischi. Ma l'uso consapevole delle ICT è raramente una priorità trattata seriamente. Per molte organizzazioni è sempre meglio intervenire sulle emergenze. Ma non funziona più.
Mario Fabiani

Mario Fabiani01/12/2008 - 11:54
Sempre parlando della mia esperienza, un problema è sicuramente quello del mancato ricambio generazionale. E' inevitabile che persone (e quindi anche dirigenti) con un'età media di 50 anni abbiano qualche problema a recepire l'innovazione, e modi di comunicare completamente diversi da quelli tradizionali. Ci vorrebbe un'iniezione di gioventù preparata, ma di questi tempi mi sembra fantascienza...
Mauro Murgioni

Mauro Murgioni27/11/2008 - 16:02
C'è di buono che Facebook ha "sdoganato" l'uso sociale della rete verso una larga fetta di utenti internet. Inoltre per diversi aspetti è diventato termine di paragone: per molte persone un social network è tale perché vi riconoscono aspetti di funzionamento che hanno imparato a conoscere con Facebook, perché "è come Facebook". Non sto esprimendo qui un giudizio di merito (personalmente non sono registrato su Facebook) ma osservando quello che è avvenuto in un tempo relativamente breve. Vi segnalo infine che sul IlSole24Ore.com è stato pubblicato un articolo tratto dalla ricerca citata da Salvatore: Facebook, analisi di un fenomeno "social".
Mario Fabiani

Mario Fabiani27/11/2008 - 11:18
Io invece parlo da "interno" alla PA. E' vero che, almeno nella mia esperienza, il social network, ma anche internet in generale, vengono utilizzati per "cazzeggio". Però è anche vero che ci sono persone che ne fanno un uso costruttivo, o almeno ci provano. Magari per far circolare le informazioni in modo più veloce e flessibile rispetto ai canali tradizionali, o per condividere esperienze e situazioni. La repressione, ovviamente, uccide anche questi tentativi di innovare. Come in tutte le situazioni della P.A., gioverebbe andare un pochino più a fondo, cercare di comprendere come i nuovi modi di comunicare possono diventare un veicolo per scardinare le vecchie abitudini e lo status quo dell'informazione come strumento di potere in mano a pochi. Forse è anche questo il problema: questa roba fa un po' paura...
Marcello Testi

Marcello Testi29/11/2008 - 23:43
Siamo sicuri che il punto in questione sia l'accesso all'informazione? Forse la mia posizione di "esterno" (ma non troppo: vd. il mio profilo) non mi fa vedere alcune cose, ma non mi pare che qui si chiuda un rubinetto di risorse che favorirebbero chissà quale redistribuzione di ruoli e competenze. Io credo che la "paura" derivi da motivi più semplici ed allo stesso tempo più difficili da sradicare: l'ignoranza, non nel senso del "non conosco", ma in quello del "non so che farmene". Il "responsabile" di turno, dotato per miracolosa infusione di vera responsabilità che cosa farebbe? + Intanto avrebbe il polso del bisogno di comunità e relazione del proprio organico e avrebbe nei confronti di questo bisogno un atteggiamento proattivo + Inoltre, mentre all'orizzonte appaiono (molto prima che se ne accorgano le sonnecchianti redazioni dei media) orde di prodotti e servizi targati più o meno sensatamente "2.0" (semplifico, eh), si chiederebbe se per caso qualche cosa può incontrare i bisogni di cui sopra e, in caso positivo, si chiederebbe (e chiederebbe a degli esperti) come. Chiaramente, stiamo parlando dell'isola che non c'è, e infatti cosa succede? - I bisogni delle persone galleggiano in un continuum che va dalla completa rinuncia ad abbozzi autogestiti di utilizzo creativo di risorse interne o esterne - Il capitale umano si disperde così in rivoli di sapere tacito, pratiche informali non catturabili e facilmente disperdibili - Le citate iniziative autogestite più durature e, a volte, costose proseguono fino a che un articolo di giornale le trasforma in emergenza - Come si affronta l'emergenza? Con decisioni risolute e sbrigative, possibilmente economiche, ad esempio mettere in lista nera qualche sito Un po' la mia esperienza è limitata; un po' ho caricato gli esempi... Il mio quadro è tanto diverso dalle vostre esperienze?
Mario Fabiani

Mario Fabiani30/11/2008 - 11:22
E' probabilmente una questione sia di informazione che di cultura, come ha evidenziato Marcello. Io lavoro in un ufficio periferico di un Ministero, e sperimento ogni giorno quanto sia difficile avere accesso all'informazione interna, non solo tra gli uffici centrali di Roma e noi, ma anche dentro il mio stesso ufficio. Per questo ho deciso di creare un blog (vedi profilo) che, a metà tra discorsi generali e settoriali, prova a far parlare le persone e a mettere in condivisione qualcosa. Il fatto stesso, però, che io abbia dovuto ricorrere ad un'iniziativa personale, per raggiungere un obiettivo che dovrebbe essere istituzionale, la dice lunga su quanta strada si debba ancora percorrere per far entrare queste cose nella testa di chi ha il potere di decidere. E non è solo una questione di ignoranza: come dicevo nel mio precedente post, per molti detenere l'informazione, e decidere come, quando e a chi diffonderla, è uno strumento di potere. E non parlo solo di dirigenza, ma anche di un certo tipo di sindacalismo, ad esempio. I risultati ottenuti in tre-quattro mesi dalla mia iniziativa mi confermano che c'è il bisogno di un'informazione puntuale sulle vicende e le riforme del lavoro pubblico, svincolata da inquadramenti politico-sindacal-giornalistici. Allo stesso tempo la qualità dei commenti arrivati apre una finestra su come le persone vivono il proprio lavoro e le opportunità di comunicare: c'è molta disillusione e scoramento, si è restii a parlare e quando lo si fa più che altro ci si lamenta. Non ci sono grandi proposte costruttive. Però qualche indicazione sui problemi reali, e soprattutto la sensazione di una situazione malata, quella c'è sicuramente. Insomma, anche in questi sfoghi e lamentele intravedo un certa esigenza di cambiamento. Certo, non c'è nessuna fiducia in chi questo cambiamento lo dovrebbe promuovere. E qui torniamo al punto: chi è in grado di raccogliere i segnali che arrivano, e tradurli in politiche serie? Molto più facile (e popolare) far cadere il silenzio...
Imma Citarelli

Imma Citarelli27/11/2008 - 13:08
Concordo con Mario Fabiani e aggiungerei che questa roba fa paura proprio perchè è fin troppo chiaro l'enorme potenziale di innovazione che l'uso di questi strumenti comporta o perchè non c'è la capacità di gestire il cambiamento o peggio manca la volontà di innovare! Si parla di società della conoscenza e dell'informazione da un decennio e oltre, si spendono fiumi di denaro pubblico per alfabetizzare cittadini e pubblici funzionari e incoraggiare l'uso delle tecnologie, si fa un gran parlare di partecipazione e poi non si si vieta l'uso dei social network in ufficio! Come al solito generalizzare e reprimere (sempre a partire dal basso..) è più facile che affrontare e gestire il cambiamento che inevitabilmente per nostra fortuna avviene comunque....
Marcello Testi

Marcello Testi25/11/2008 - 01:19
1 - Il pezzo del Guardian non mi sembra un granché: affiancare la scarsa penetrazione di internet alla filosofia slow... mah! "burocrazia che ha reso lento e costoso portare l'e-mail alle masse"??? 2 - Facebook. Parlo da "esterno" alla PA. Non nascondiamoci dietro un un dito: Facebook viene usato prevalentemente per cazzeggio extralavorativo, credo di poter dire 99% extra-gruppo di lavoro (anche allargato) e in generale non credo tanto alla teoria della "intranet informale", non su Facebook, almeno, non per l'esperienza che ne ho io. Un altro uso è possibile, certo, ma è importante che ci chiariamo su quello di cui parliamo. Che poi da questa constatazione si passi al riflesso condizionato "repressivo" non è per niente detto, così come non è detto che io sia d'accordo. In effetti, come da oggetto, ho molti dubbi in proposito. Mettiamola così, la difesa a tutti i costi dell'accesso a Facebook dalle postazioni PA non è qualcosa per cui tirerei su barricate (in questo periodo, poi, sono già impegnato da genitore sul fronte della scuola, quindi le energie barricadere vanno ben gestite). Il lato più inquietante di queste iniziative, però, è la loro discrezionalità e il tono da emergenza e soprattutto il fatto che discussioni come questa, che sarebbero magari utili per imparare qualcosa di positivo dall'uso di Facebook (da parte delle organizzazioni) trovano poco spazio, se si è convinti di risolvere il problema con la sola repressione.