Semplificazione
Il mese di Agosto favorisce alcune riflessioni e analisi che mi potrebbero essere utili nelle tante attività già in programma per l’autunno.
Uno degli scenari che andrò a dibattere in tavoli di lavoro, convegni e seminari, è quello relativo alla facilità di accesso ai servizi di eGovernment. Oggi sono sempre più convinto che il tassello mancante per far esplodere l’eGov è la piena adesione ai modelli del social web che, volenti o nolenti, sono gli unici che stanno promuovendo cultura.
Mi spiego meglio. Dando per scontato che l’infrastruttura è basilare per l’accesso (banda larga, capillarità, disponibilità, ecc.) resto ancora molto perplesso su come vengono presentati i servizi applicativi. Molto perplesso.
Ma anche qui va detto che, effettivamente, un passo avanti è stato fatto. Molti servizi sono oggi on-line. Eppure manca qualcosa, manca la soddisfazione dell’utente, quell’appeal che rende facile, intrigante e soddisfacente l’adesione a un modello piuttosto che ad un altro. Ecco che entra in gioco la cultura. La cultura che le società di sviluppo software non hanno.
E qui interviene il web sociale e i paradigmi consolidati nella parte abitata della rete che stanno diventando veri e propri “stili di vita“. Del caso Iris ho parlato spesso. E’ un esempio concreto di ciò che si può fare con strumenti open, disponibili e spesso interoperabili con il cloud, come nel caso della georeferenziazione.
Laddove i servizi di eGov sono molto sbilanciati nel soddisfare precise esigenze “sociali” e quindi doveri dell’istituzione, senza mediazione, modellati sui principi propri della partecipazione e dell’eDemocracy, il web sociale va benissimo.
Ma le software house e le istituzioni criticano questo approccio quando il servizio richiede identità certa e poggiata su una garanzia di certificazione. Qui casca l’asino. Ci riempiamo di parole, esponiamo mille problemi e non se ne esce.
Ma proviamo a fare un distinguo. Un servizio come Iris, non richiede identità certa, anzi lascia la piena discrezionalità all’utente.
Infatti, in molti storcono il naso e si trincerano dietro alla burocrazia: “un istanza per essere accolta deve seguire un preciso processo e definire i tempi, i soggetti, le procedure…..“, ecc. E infatti si persevera nel solito errore della progettazione di servizi web. Quello tipico, consolidato e perverso:trasferire sul digitale le diaboliche procedure analogiche.
Iris si discosta e usa paradigmi nuovi, consolidati: il web, una mappa, una form e via!
Ma se volessimo davvero identificare i portatori di istanze? Anche qui si apre uno scenario che mi porta spesso allo scontro frontale. Chi vive di rendita da mediazione non accetterà mai un servizio del web sociale per identificare un soggetto portatore di istanza. MAI! Ok, posso anche capire quando mi dicono: “ma tu in Banca come ti autentichi, con che credenziali?”
Vabbè signori miei, ma stiamo parlando di eDemocracy (servizi di democrazia partecipata). Posso capire l’obiezione se riferita a un contratto o a una transazione. Ma per segnalare un lampione spento, devo fare provisioning e autenticazione sui tuoi sistemi? Che ovviamente non saranno MAI federati con quelli di un altro comune o di un ministero?
Perchè non usare OpenId, allora?
La risposta, solitamente, è: pazzo! Ovviamente. E vedete che torna il tema della cultura, perchèOpenId pochi sanno cos’è, come funziona, in quali ambiti e come potrebbe evolvere.
Ma, nonostante le diverse critiche che ho raccolto nel post appena linkato, a supporto delle mie tesi viene direttamente il Governo Americano, che davvero si sta chiedendo come sfruttare l’opportunità dell’identità sociale per i servizi che non richiedano autenticazione forte.
Si parla infatti di “fiducia” e di grande facilità d’uso e convenienza.
“In considering government adoption,” OpenID Foundation board member Chris Messina said of the Framework, “primary among our priorities is the protection of individual privacy while also considering ease of use and convenience. These factors cut to the core of the purpose of Trust Framework and feedback, therefore, is strongly encouraged on the document we’ve produced so far.”
E’ quindi una questione di cultura e di opportunità. Per semplificare è meglio partire dalle cose che funzionano e che tutti usano. Il resto è opportunismo e convenienza di parte.
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- Blog di Gianluigi Cogo
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4 commenti
Sillogismi e teoremi...prima di Ferragosto
le secche delle buone intenzioni.
Sei andato aoltre
Sono d'accordo