[Barcamp InnovatoriPA 2011]: Social Network e PA
Esiste una strategia o una metodologia che la pubblica amministrazione può utilizzare per entrare nei Social Network? A questa domanda si è cercato di rispondere nel tavolo che si è occupato di Social Media negli Enti locali.
Claudio Forghieri ha dichiarato che il Comune di Modena si è affacciato al SN multicanale adottando un approccio organizzativo snello, basato sulla comunicazione di informazioni rapide, leggere ma allo stesso tempo credibili e adatte a un target differente dall’”utente tradizionale dello sportello”. Un modello che è privo di formalismi burocratici e che vive di sollecitazioni proprie dei giovani. Un' “Ambasciata” della PA in territorio straniero.
Leda Guidi ha affermato che anche il Comune di Bologna ha attuato un percorso simile, senza strategia chiara dall’inizio e con team di lavoro autocandidatosi, già dal 1995 epoca in cui si è esplorato l’web 2.0 con i gruppi di discussione. Oggi esiste sicuramente una maggiore consapevolezza pratica e sperimentata.
La Regione Sardegna invece, rappresentata da Donatella Dessì, è ancora oggi in ritardo sul SN e web 2.0. Il primo sito regionale è nato nel 2004 e l’accesso ai SN a Facebook è precluso ai dipendenti pubblici. Non esiste inoltre una metodologia da adottare chiara e definita e manca la capacità di rischiare.
Effettivamente, secondo Giovanni Arata (giornalista e analista web 2.0), esistono tre problemi che vanno presi in considerazione: un deficit culturale, un effetto moda e la mancanza di una metodologia e di una strategia da adottare. Il driver deve trovarsi nel comportamento dei cittadini: entro breve ci sarà una drastica riduzione dell’utilizzo della posta elettronica, per cui l’adozione dei social media da parte della PA sarà una scelta adattiva oltreché una moda.
Giovanni Battista Gallus del Comune di Selargius sostiene inoltre che i costi che la PA deve sostenere sono molto bassi: le barriere all’ingresso non esistono, piccolo o grande che sia l’ente in questione, la disponibilità di strumenti è paritaria. L’utilizzo dei SN deve essere una risposta al dimagrimento obbligato della PA. L’auspicio però è che la Pubblica Amministrazione più che seguire una moda piuttosto che il comportamento dei cittadini, proponga e si faccia promotore di politiche basate sull’ascolto dei cittadini e delle loro esigenze.
Tuttavia questa parità nella disponibilità di strumenti sembra creare una situazione inedita: il piccolo comune ed il grande, hanno la medesima possibilità di accedere agli strumenti ed eccellere nella loro gestione, pur disponendo di budget e risorse del tutto differenti. A riguardo Giovanni Arata racconta che nelle sue analisi i piccoli comuni sembrano raggiungere livelli maggiori di performance sui SN (più agili, più reattivi, più “umani”). Di contro i piccoli comuni talvolta abbandonano il presidio dei SN, mentre i grandi sembrano avere una migliore “resistenza” a lungo termine.
Il SN deve essere utilizzato per pubblicare tutti i contenuti e dati della PA?
Ammesso che l’attuale normativa sulla privacy sia ancora adeguata, non c’è pericolo di ledere la privacy dei cittadini se i dati vengono pubblicati in forma aggregata.
Certo è che occorre non cedere a una soluzione esclusiva: si pubblicano i contenuti attraverso non uno ma molteplici strumenti in modo tale da evitare problemi nel momento in cui uno strumento dovesse smettere di funzionare. Occorre differenziare il rischio.
Il sito di una amministrazione diventa sempre meno un sito vetrina e sempre più un gestore di contenuti con widget su Social Network.
La Pubblica Amministrazione deve interiorizzare l’obiettivo di CREARE VALORE, imparando dal futuro e seguendo una strada obbligata, quella dell’innovazione, sporcandosi le mani e mettendo i piedi sul piatto!
Quali prospettive per il futuro
Quindi, esiste una metodologia per i SN nella PA?
Dal tavolo emergono questi punti:
- Esistono buone pratiche, ma non una metodologia deterministica e consolidata (o consolidabile): si va ancora molto per prove ed errori e l’unico modo di imparare è “sporcarsi le mani”, “metterci la faccia”, “mettere i piedi sul piatto”.
- Ma se si tratta di “metterci la faccia”, quale faccia deve mettere la PA? Sembra essere buona pratica utilizzare un “avamposto” dell’amministrazione, un gruppo di lavoro sperimentale che abbia mani (più) libere rispetto alla voce dell’istituzione, necessariamente più lenta (quando non elefantiaca) nei suoi processi decisionali. Di contro i “ragazzi che giocano con la sabbia” non danno nell’occhio a decisori politici che potrebbero essere timorosi di affrontare il cambiamento in maniera diretta.
- Blog di Stefania Mulas
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13 commenti
Una risposta ed una sollecitazione organizzativa.
Fatica e gestione della conversazione...
sperimentare, non improvvisare ed essere coscienti
sperimentare ma non improvvisare (bis)
SN che fatica!
Aver il coraggio disperimentare
La presenza su un social network non può essere improvvisata
essere snelli ed entusiasti, non vuol dire improvvisare...
Pienamente d'accordo...
Cambiamenti? Si Grazie
sperimentare ma non improvvisare
più "sporchi", più snelli
avamposti e retrovie...