Manca un "Open"
OpenGovernment, OpenData, OpenContent... Tra tutte queste parole chiave troppo spesso le iniziative volte alla promozione di un utilizzo efficiente delle tecnologie nel settore pubblico peccano nel mettere tra le priorita' indifferibili ed irrevocabili un altro "open". Proprio quell'"open" il cui successo ha ispirato gran parte delle nozioni sopra elencate, quell'"open" che ha tracciato i criteri di trasparenza e collaborazione che oggi si vogliono applicare al modello democratico, quell'"open" che per primo ha imposto lo stesso prefisso "open" nel Dizionario dell'Innovazione.
Chiaramente, mi riferisco all'OpenSource.
Stando a quanto osservo, l'opensource (o "software libero": tra i due termini c'e' differenza, ma e' troppo sottile per essere discussa in questa sede) e' un parametro ampiamente sottovalutato, bistrattato, persino ignorato, che passa in secondo piano dinnanzi all'entusiasmo collettivo generato da ogni nuovo servizio online che promette questa o quest'altra forma di partecipazione. Entusiasmo genuino ma ingenuo, che si ferma alla valutazione del beneficio immediato ma non prende in considerazione le implicazioni su medio e lungo termine del mettere i dati e le informazioni all'interno di una piattaforma chiusa, non accessibile, il cui fornitore potrebbe chiedere dall'oggi al domani ingenti somme per garantirne la fruizione futura o peggio potrebbe smantellare il tutto perche' reputato non abbastanza profittevole, senza possibilita' di migrazione. In tale scenario, a cosa servono gli appelli per l'innovazione se poi ci si trova sempre e comunque a dover fare i conti con il lock-in imposto da un singolo provider che detiene diritto di vita e di morte sia su quelli che dovrebbero essere dati pubblici che sullo strumento che tali dati raccoglie, analizza ed espone? Anche laddove si riuscisse a raggiungere il traguardo dell'apertura dei dati completa ed incondizionata di tutti i servizi pubblici (o privati, ma pagati con soldi pubblici) esistenti, come potrebbero essere usati in assenza degli algoritmi e delle formule indispensabili per estrapolarne un significato utile?
L'opensource non e' un fine ma un mezzo, anzi il mezzo che garantisce una corretta e coerente implementazione di ogni idea finalizzata allo sfruttamento del potenziale latente della cittadinanza attiva e al potenziamento degli enti pubblici nel loro insieme.
Perche' OpenGovernment e' "trasparenza", e cosa c'e' di piu' trasparente del codice del software utilizzato pubblicato online sotto gli occhi di tutti? Perche' OpenGovernment e' "partecipazione", e cosa c'e' di piu' partecipativo del permettere a ciascuno di correggere e migliorare la piattaforma applicativa in uso? Perche' OpenGovernment e' "democrazia", e cosa c'e' di piu' democratico del mettere a disposizione uno strumento senza costi di licenza cui possano accedere anche i comuni piu' piccoli e squattrinati impossibilitati a pagare il (spesso ricco) canone annuo imposto dai fornitori di servizi closed e commerciali?
Affinche' la rivoluzione in atto non sia una rivoluzione a meta', un mero passaggio di testimone dal monopolio dei dati sui desktop pubblici al monopolio dei dati pubblici online, un pretesto per sperperare (altro) denaro (pubblico) in servizi destinati a nascere e morire in funzione dell'onda di interesse mediatico, sarebbe opportuno rivedere la lista delle priorita'. E aggiungere un "open".
- Blog di Roberto Guido
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7 commenti
Aggiungo io
Quotazione e pagamento di sistemi.
Mi cito: "Quanto dice
Senza andare lontano, basta
Open...una bella parola, ma un concetto oscuro
Che anche le soluzioni open
Per quello che ho visto molti