InnovatoriPA + Cultura digitale + Innovazione Sociale + PA = città intelligenti :)

letto 4158 voltepubblicato il 09/10/2013 - 17:15 nel blog di ciro spataro, in Open Government

2013, la Pubblica Amministrazione italiana e l'innovazione, sociale e tecnologica insieme, viaggiano su due binari che sempre più frequentemente, negli ultimissimi tempi, tendono fortunatamente a congiungersi.

La "cultura" gestionale dentro molte pubbliche amministrazioni è ancora farcita di burocrazia, quella storica e spesso improduttiva, che chissà perchè (paradigma nazionale "Gattopardo"?) non abbraccia facilmente e omogeneamente sul territorio nazionale i fenomeni di innovazione locali al nascere. Risultato: alcune città diventano "intelligenti" prima di altre.

Il ha stimolato l'adozione di una modalità operativa innovativa di lavorare in rete, almeno tra quei soggetti, istituzionali e non, che per "dna culturale" e "spirito di ricerca e di collaborazione" (diciamolo!) meglio e per primi si prestano a sperimentare cambiamenti di processo e nuovi servizi digitali utili alla collettività.

Per costruire percorsi di "città intelligenti", orientate ai bisogni emergenti e mutevoli della società, con la partecipazione ampia di singoli, associazioni civiche, sviluppatori, professionisti, società, è ormai necessario passare attraverso l'uso degli strumenti dell'ICT (smartphone, tablet, applicazioni online di collaborazione produttiva, servizi di cloud, uso e riuso di set di opendata, social network,...). Non si può più prescindere dall'uso di questi strumenti se si vuole costruire in modo partecipato un ecosistema innovativo di "smart city" umana. Queste tecnologie ed i relativi strumenti sono ormai alla portata di un utente medio, le applicazioni hanno interfacce di gestione molto semplici, spesso sono gratuite e favoriscono la collaborazione nel lavoro di gruppo.

 

Le pubbliche amministrazioni e la social innovation: un matrimonio che s'ha da fa

Le pubbliche amministrazioni sono suddivise in Aree/Settori e a sua volta in Servizi e Unità Organizzative.  Le competenze specialistiche individuali sono dislocate dentro queste UO in varie sedi fisiche. Costruire il passaggio da città burocratiche a città intelligenti (anche con il massimo dei servizi pubblici da trasferire dalla carta all'online) comporta un organizzazione gestionale in rete per la condivisione in tempo reale delle conoscenze e competenze. Per condivisione non intendo solo quella tra le varie UO della stessa Pubblica Amministrazione, ma anche quella tra i dipendenti pubblici e i soggetti e le associazioni attive all'esterno della PA che in questi mesi stanno generando in varie parti d'Italia .

Creare network urbani di lavoro con dipendenti pubblici, sviluppatori  e associazioni civiche specializzate in vari settori (veri e propri sensori urbani e portatori di conoscenze e dati) serve a costruire la diversità (l'humus di un ecosistema) ed i partenariati pubblico-privati essenziali per generare innovazione nei servizi e nella governance; questi partenariati misti costituiscono spesso un elemento premiante nell'adesione a bandi pubblici nazionali/comunitari che finanziano l'innovazione partecipata con l'uso degli strumenti dell'ICT (vedi ad es. gli ultimi bandi del MIUR, Smart Cities and Communities and Social Innovation).

Per lavorare in rete (umana) ed online c'è bisogno di server, e di servizi cloud. Le PA non sono attrezzate per permettere questa operatività flessibile (CED) soprattutto quando l'"esterno" deve entrare in collaborazione operativa con l'"interno" (cioè il dipendente pubblico).

Arrivo alla piattaforma InnovatoriPA, che ha ottenuto un premio specifico proprio per permettere l'attivazione di spazi di collaborazione senza dipendere da service provider. Uno spazio per chiunque ha voglia di creare una sorta di intranet di lavoro, uno spazio di eparticipation aperto a tutti coloro che condividono in rete la costruzione di iniziative e progetti di interesse pubblico.

 

Una nuova cultura digitale = nuova modalità operativa di lavorare in rete ---> servizi digitali

Non fa male ricordare che l'Agenzia per l'Italia Digitale, nel documento  , ha previsto l'ottimizzazione delle migliaia di CED (Centro Elaborazione Dati) pubblici oggi presenti sul territorio nazionale, che quasi sempre non scambiano i dati tra loro (assenza di interoperabilità tra i server, necessaria per avviare servizi digitali pubblici online).

Il Direttore dell'Agenzia per l'Italia Digitale, , parla delle necessità digitali nazionali della PA:

  • ,  bisogna aprirli ai privati in modalità “machine-readable”. Il patrimonio informativo pubblico è una grande ricchezza ed è l’occasione per le imprese private del settore per sviluppare nuovi servizi. Questa è un’area di crescita del Pil e di nuova occupazione. Abbiamo bisogno di esperti di dati.
  • riduzione dei CED pubblici da migliaia a circa una cinquantina su base regionale con elevato livello di interoperabilità (circa 2 a regione).
  • piano nazionale per la cultura digitale che coinvolge scuola, cittadini e imprese con l’obiettivo non solo di educare all’utilizzo dei servizi digitali, ma anche di sviluppare competenze ad hoc per il mondo del lavoro.

Soddisfatte le prime tre, si potrà procedere con facilità a raggiungere gli obiettivi nazionali di: anagrafe unica, fatturazione elettronica e  identità digitale.

Le "necessità" nazionali (AGID) vanno nella direzione di un rinnovamento culturale in chiave digitale anche se vanno lentamente rispetto ad altri paesi del mondo.

 

Nuovi  format di lavoro collettivo

Modelli possibili (o format) di lavoro collettivo e produttivo  in rete (sulla piattaforma InnovatoriPA) che mi piace proporre sono: tavoli di lavoro online per creare ecosistemi di innovazione per una smart city locale. I percorsi di costruzione di una smart city abbracciano un ampia gamma di temi, soggetti, tecnologie e politiche: dall'agenda digitale al programma politico ai bandi del prossimo progamma UE Horizon 2020, all'ICT, alla mobilità urbana, alla gestione dell'energia, alla valorizzazione degli spazi pubblici. Tutti, quindi, a vario titolo e con varie specializzazioni possono essere interessati alla costruzione delle cosiddette città intelligenti. Un cammino possibile per la specializzazione intelligente di una città o regione. Ed è quello che la Commissione Europea, ad esempio, chiede specificatamente di costruire alle Regioni obiettivo convergenza, prima di dare il via libera alla spesa 2014-2020 relativa ai  Piani regionali, cioè capire quella Regione in cosa si vuole specializzare (turismo, ricerca, industria, agricoltura,..) prima di spendere risorse economiche pubbliche.

Ovvio che senza la partecipazione fisica non scatta quel feeling ideale per consacrare il lavoro di gruppo svolto online, ecco che un incontro fisico periodico del tavolo di lavoro da effettuarsi in una location coperta da wifi si rende essenziale. Spesso gli incubatori di imprese o i coworking di una città sono ben felici di ospitare questi meeting il cui scopo consiste nel  disegnare progetti di innovazione ambientale, culturale, sociale, tecnologica che il network urbano costituito spontaneamente (bottom-up) intende sottoporre all'analisi di un ente pubblico finanziatore o esporlo semplicemente ai cittadini di quell'area urbana per testarne il livello di gradimento e accettabilità.

Come possibile format da adottare per l'organizzazione e gestione di incontri fisici per il co-design di servizi innovativi, invito a leggere questo .

Per queste esigenze di lavoro collettivo in rete è importante che la piattaforma online ospitante fornisca agli utenti almeno:

  • l'accessibilità = registrazione utente con descrizione del profilo individuale,
  • la produttività = servizi di editing e storage online sullo schema di google drive, dropbox, box, ecc.,
  • la condivisione ed il confronto di idee e proposte = strumenti di forum
  • la sondaggistica = per testare l'a'ccettabilità di un idea/proposta o per dare anche ai non utenti iscritti la possibilità di fornire elementi tematici sui quali poi gli utenti registrati ed attivi possono costruire proposte
  • la programmazione di eventi fisici quali town meeting, workshop tematici, hackhaton in occasione di rilascio di set di open data pubblici = sullo stile di doodle
  • la gestione operativa di progetti specifici = tool di project management con date, pacchetti di lavoro da svolgere, responsabilità individuali, milestones, risultati attesi, gestione rischi,...
  • l'integrazione con i social network per la condivisione ampia del lavoro svolto e la comunicazione, lavorare ma contemporaneamente comunicare quello che si sta facendo soprattutto in maniera facile e con strumenti efficaci e raggiungibili ormai da tutti = twitter, facebook, linkedin, google+, pinterest,....

Una parte di questi servizi, InnovatoriPA li offre già. Per il resto questo articolo è uno stimolo.

 

Da dove iniziare, chi inizia, quali input?

Le iniziative di nuove collaborazioni pubblico-private per innovare processi di governance territoriale e servizi possono nascere indistintamante e spontaneamente da un settore di una pubblica amministrazione locale o da una o più associazioni civiche attive.

ESEMPI DI INPUT PER INIZIARE: l'occasione di trovare un senso sociale ad uno spazio pubblico non valorizzato o la pubblicazione di un set di open data per creare app utili può far scoccare la scintilla per avviare lavori collettivi in rete. L'innovazione sociale non prevede architetture fisse, quello che conta è: una volta condivisa un iniziativa/progetto lanciato da qualcuno, si lavora con gli strumenti messi oggi a disposizione dall'ICT. Le piattaforme web devono assicurare l'efficienza e l'ottimizzazione di risorse (strumentali, umane) e dei tempi. La fantasia e creatività collettiva è il catalizzatore sociale. L'importante, nel pubblico, è non trincerarsi dietro le barricate obsolete dell'io appartengo al settore pubblico e aspetto disposizioni dall'alto, ma osare innovare! L'importante nel privato è non attendere che il pubblico faccia sempre la prima mossa.

CHI INIZIA: un'associazione può chiedere ad un comune di aderire ad un tavolo tecnico online per far decollare processi di innovazione culturale e digitale di una smart city ed offrire il proprio sapere e le proprie informazioni in un contesto collaborativo bidirezionale (es.: io ti fornisco un know how per creare app, ed in cambio gradirei essere partner con te in un progetto di valorizzazione dei beni culturali per incrementare i servizi turistici). In queste iniziative, ovviamente la PA deve poter assicurare il supporto collaborativo a tutte le associazioni  presenti sul territorio tramite avvisi pubblici, ma se l'associazione si fa viva prima dell'avviso  pubblico, non la escludere, perchè l'innovazione sociale non attende più la benedizione della burocrazia. Ad oggi le PA hanno sempre fatto il primo passo (es.: avvisi pubblici per fornitura di servizi) ma l'innovazione sociale sovverte questa impostazione, dando spazio al primo, privato o ente pubblico, che si rende sensibile e disponibile ad innovare un settore della società.

Tutti gli input di innovazione sono validi se orientati ad un interesse collettivo diffuso. Ed il primo che lo sente scagli la prima proposta!