Un primo bilancio negativo sulla dismissione delle partecipate degli EE.LL.

letto 1181 voltepubblicato il 18/06/2014 - 16:21 nel blog di Rita Pastore, in Osservatorio Spending Review

Sono stati diffusi pochi giorni fa i dati aggiornati a giugno 2014 dell'indagine realizzata dal Cerved (la business unit dedicata ai servizi per le banche e le finanziarie) sulle 6.469 società partecipate dagli enti locali. Ricordiamo che i comuni con meno di 30 mila abitanti erano obbligati a liquidare o mettere sul mercato entro il 30 settembre 2013 le partecipazioni nelle società in perdita, ossia di quelle che non avevano concluso in utile gli ultimi tre anni di esercizio, o che non avessero subito perdite tali da imporre agli enti ricapitalizzazioni per riportare il patrimonio sopra ai limiti di legge. L’obbligo è stato puntualmente disatteso, tanto che poi la legge di stabilità 2014 ha dovuto porre rimedio abrogando gli obblighi previsti dalla legge 122/2010, e introducendo a partire dal 2015 solo obblighi di accantonamento nei bilanci degli enti controllanti.

Dall’analisi dei dati, si evince che oltre il 97% degli 8.058 comuni italiani detiene almeno una quota in una società iscritta nel registro delle imprese.

Se la normativa fosse stata applicata, la dismissione avrebbe dovuto coinvolgere circa la metà dei 7.481 piccoli comuni italiani: sarebbero dovute scomparire 1.472 società, ma di queste ad oggi risultano in liquidazione solo 316 (pari al 21,5% del totale) mentre per 64 società (pari al 4% circa) è aperta la procedura concorsuale. Tutto il resto dell’universo delle partecipate è attualmente operativo.

Dalla ricerca emerge che la maggior parte delle società partecipate dagli enti locali che assorbono risorse pubbliche, non sono società di servizi primari da fornire ai cittadini (trasporti, energia, acqua, raccolta rifiuti) bensì società di “consulenza” vere e proprie. Spesso si tratta di società private o semi-private che fanno consulenze amministrative e gestionali a vari enti pubblici. La maggior parte, infatti, opera prevalentemente nel campo della consulenza (19,3% del totale), dei servizi sociali, dell'istruzione e della sanità (10,8%), nel campo dello smaltimento dei rifiuti (10,3%).

Per quanto riguarda la distribuzione geografica, tali società si trovano prevalentemente in Lombardia (14,8% del totale), Trentino-Alto Adige (9%) e Toscana (8,9%). Nel Nordovest vi sono 1.542 società; nel Nordest ve ne sono 1.379; nel Centro si contano 1.248 partecipate; infine nel Sud e Isole ve ne sono 1.104.

Sono 2.300 le società partecipate da comuni con meno di 30 mila abitanti, 683 quelle controllate da un comune tra 30 e 50 mila abitanti e circa 2.300 dai comuni oltre i 50.000.

Il settore economicamente più vantaggioso è quello dell'energia e gas in grado di produrre un quarto dell'attivo complessivo (23,7%), a cui fanno seguito l’assistenza ai trasporti, lo smaltimento dei rifiuti, la consulenza, la fornitura dell'acqua, i servizi sociali, l'istruzione, la sanità.

1 commento

Lucia Ciambrino

Lucia Ciambrino21/06/2014 - 14:09

Volevo segnalare anche i dati diffusi qualche giorno fa da Mediobanca R&S, relativi a una ricerca svolta sulle utility nei maggiori enti locali.
La ricerca ha preso inconsiderazione 67 imprese partecipate per almeno un terzo del capitale da enti locali, considerate 'insopprimibili per volume ed essenzialita' dei servizi erogati', tra i quali vengono citati: distribuzione idrica, trasporti pubblici, pulizia delle strade, gestione di arterie autostradali e di aeroporti, erogazione di luce e gas.
Tra il 2006 e il 2012, l'aggregato delle local utilities ha cumulato utili pari a 3,33 miliardi di euro. Tale risultato comprende il saldo positivo per 4,146 miliardi del comparto energetico, a cui siaggiungono 0,4 miliardi dalla gestione autostradale, 0,33 miliardi dagli aeroporti e 0,23 miliardi dall'amministrazione della rete idrica.
A diminuire la portata del risultato hanno tuttavia contribuito il segmento dell'igiene ambientale, che ha riportato perdite per 0,34 miliardi e soprattutto quello dei trasporti pubblici locali, con perdite di 1,44 miliardi nei sette anni presi in esame.
Relativamente all'anno 2012, la ricerca evidenzia che i trasporti pubblici locali hanno contribuito per il 14% sul computo dei ricavi aggregati - pari complessivamente a 31,7 miliardi di euro - raggiungendo risultati migliori del comparto idrico, dell'igiene ambientale, della gestione aeroportuale e di quella autostradale. Tuttavia, i Tpl registrano costantemente la peggiore incidenza del risultato netto sul fatturato, con una punta del -8,5% registrata nel 2010.
Mediobanca R&S osserva, inoltre, come il comparto dei trasporti sia quello che sconta il maggiore tax rate in assoluto, un 45% su cui pesa in particolare l'Irap; ma vanta anche la maggior quantità di crediti verso la Pubblica Amministrazione (3,127 mld).
Infine, il settore dei trasporti locali è il maggiore fruitore di contributi a titolo di integrazione tariffaria (17,6 miliardi di euro incassati tra il 2006 e il 2012), a cui si sono aggiunti 2,1 miliardi di contributi per sopperire alla crescita progressiva del costo del lavoro.
Le maggiori perdite riguardano: l'ATAC (-1.012 milioni), l'ASAM (-312), l'AMA (-290), la CTP (-210), la COTRAL (-168).
Invece, il recod di utili conseguiti spetta a: A2A (+1.131), ACEA (+701), HERA (+693).