Il Piano Regionale di Gestione Rifiuti e delle Bonifiche della Lombardia
La Regione Lombardia vara il Piano Regionale di Gestione Rifiuti e delle Bonifiche. Il documento, frutto di un lavoro congiunto tra amministrazioni locali, associazioni di categoria e imprese, ha un orizzonte temporale di sei anni nel corso del quale impelementerà azioni integrate di regolamentazione delle attività ambientali nei territori.
L'obiettivo previsto è la riduzione della produzione di rifiuti urbani, con il raggiungimento a livello regionale del 67% di raccolta differenziata.
Il Piano intende stimolare ulteriormente le azioni di prevenzione già in atto, affinchè la produzione di rifiuti diminuisca. Per quanto riguarda la rete impiantistica di smaltimento dei rifiuti, viene confermato il principio dell'autosufficienza regionale, introducedo il bacino regionale per i rifiuti urbani.
Di fatto il Piano pone uno stop alle nuove autorizzazioni per impianti e agli ampliamenti. La Giunta si è impegnata a valutare ulteriori criteri e indicazioni riguardo alla progressiva e graduale dismissione di impianti di trattamento di rifiuti urbani non più necessari ai fini del mantenimento dell'autosufficienza regionale, tenendo conto anche delle prestazioni tecnologiche e ambientali degli impianti stessi.
La Regione, inoltre, ha introdotto nuovi criteri di localizzazione degli impianti (inceneritori, discariche, trattamento) quale riferimento in sede di autorizzazione, e tra gli elementi innovativi vi è anche il metodo di calcolo del "fattore di pressione" per le discariche, utile per tenere conto delle particolari condizioni ambientali dei territori e per definire maggiori distanze di salvaguardia (ad esempio, per le discariche di amianto).
Ancora, l'Amministrazione fornisce precise linee guida alle Province per la definizione di Piani provinciali; mentre il modello di raccolta porta a porta viene indicato come quello che meglio coniuga efficacia ed efficienza, in base a recenti studi del Politecnico di Milano.
Per quanto riguarda le bonifiche, poi, viene introdotta la tutela giuridica per le azioni di rivalsa finalizzate al recupero delle spese di bonifica sostenute dagli enti locali.
Infine, sono stati introdotti due nuovi criteri restrittivi: uno a tutela della popolazione residente e l'altro per evitare ulteriore consumo di suolo. Il primo prevede nuove distanze minime tra la recinzione dell'impianto di discarica e l'area residenziale. Suddette distanze sono state aumentate e variano a seconda della funzione dell'impianto (ad es. in caso di cemento/amianto la distanza passa da 200 mt a 500 mt).
Il secondo concepisce il divieto di creazione di nuovi impianti su qualsiasi terreno a destinazione agricola, individuato dai Pgt dei Comuni e dai Ptc dei Parchi.
- Blog di Rita Pastore
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1 commento
Rifiuti tecnologici: in Italia oltre 1 milione di tonnellate
Segnalo alla vostra attenzione il rapporto delle Nazioni Unite Solving the E-Waste Problem Initiative (http://www.step-initiative.org/index.php/WorldMap.html ) che ha calcolato come nel nostro Paese nel 2012 si siano prodotte circa 1,1 milioni di tonnellate di rifiuti tecnologici, frutto della circolazione di 1,4 milioni di tonnellate di apparecchi elettronici immessi nel nostro mercato, con una media di 17,8 chili di rifiuti informatici per abitante.
Una quantità elevata, stimata attorno alle 100 mila tonnellate, viene gestita illegalmente: quel che resta di pc e telefonini finisce il più delle volte nei Paesi africani, dove esistono laboratori più o meno clandestini che si fanno carico di trattare e rivendere i materiali ancora utili per nuove produzioni. Nel 2010 una delle operazioni più importanti su questo fronte ha rivelato proprio il passaggio dall'Italia ai paesi poveri dei residui informatici: il porto di partenza dei vecchi pc e computer era Genova, dove i container giungevano soprattutto dal Piemonte ed erano imbarcati illegalmente con la dicitura masserizie. Ma, più spesso, nei carichi tossici diretti in Africa viene apposta la bolla di trasporto "beneficenza".
L'Italia, grazie al decreto Ronchi, dal 1997 si è dotata di norme sempre più stringenti per lo smaltimento degli apparecchi elettronici, ebbene consegnarli negli appositi centri di smaltimento ha un costo, così produttori e raccoglitori talvolta preferiscono vendere questi scarti tossici a organizzazioni criminali che poi portano tutto in Paesi del Terzo Mondo. Ad esempio è noto che in Nigeria si bruciano: la plastica si scioglie ed è possibile così estrarre i metalli preziosi per rivenderli agli stessi produttori che a loro volta li utilizzano per fabbricare nuovi apparecchi. Inquinando il suolo. Gli investigatori stimano che circa un pc o telefonino su 10 dall'Italia viene illegalmente smaltito nei Paesi poveri dell'Africa.