Piani di rientro, qualità dei servizi ed occupazione in sanità in Italia ed in Campania: un difficile connubio

letto 1804 voltepubblicato il 20/03/2015 - 17:24 nel blog di Maria Fiore, in Osservatorio Spending Review

Le politiche sanitarie degli ultimi anni sono state caratterizzate dall’obiettivo prioritario del contenimento della spesa attraverso un miglior utilizzo delle risorse disponibili e dal rientro dal disavanzo sanitario per quelle Regioni che avevano accumulato delle criticità. Le Regioni in Piano di rientro hanno dovuto moltiplicare i loro sforzi per cercare di rimettere in equilibrio il sistema salute tra deficit finanziario ed erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA); ed ora che i Piani di rientro hanno raggiunto gli effetti attesi in termini di recupero del disavanzo sanitario, l’attenzione si deve spostare inevitabilmente sui LEA.

Il quadro fornito a settembre 2014 dal “report sul monitoraggio dell’erogazione dei Livelli Essenziali  di Assistenza dei SSR dal 2007 al 2012 nelle Regioni in Piano di rientro”, realizzato dalla Direzione Generale della Programmazione Sanitaria del Ministero della Salute - SiVeAS, presenta una visione d’insieme, confrontando per la prima volta:

  • le Regioni attualmente in Piano di rientro (Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Piemonte, Puglia, Sicilia) con quelle non in Piano di rientro
  • i costi con l’erogazione dei livelli di assistenza (griglia LEA) evidenziando il “posizionamento” di ciascuna Regione in PDR rispetto allo scenario nazionale
  • l’integrazione ospedale e territorio

Nel complesso, pur rimanendo differenze regionali importanti, l’analisi mostra che:

  • le regioni in Piano di rientro hanno livelli di assistenza al di sotto degli standard minimi mentre le Regioni non in PDR mantengono dal 2007 al 2012 adeguati livelli assistenza
  • a partire dal 2010 il miglioramento dei conti economici delle regioni in PDR è accompagnato da un progressivo miglioramento dell’assistenza sanitaria
  • cresce l’erogazione dell’assistenza complessiva. Il risultato positivo si deve all’aumento più consistente delle prestazioni territoriali  rispetto alla contestuale riduzione dell’assistenza ospedaliera.

Nel panorama delle Regioni in Piano di rientro si evidenziano in particolare miglioramenti relativamente:

  • all’assistenza territoriale per gli anziani, i malati affetti da disturbi psichici e i malati terminali, valori espressi da un incremento del numero degli utenti assistiti e delle giornate di degenza;
  • al progressivo contenimento dell’inappropriatezza ospedaliera;
  • alla riduzione dell’inappropriatezza clinica ed organizzativa dei ricoveri ospedalieri di riabilitazione;
  • all’efficienza delle strutture ospedaliere, con riduzione della degenza media;
  • alla dotazione complessiva di posti letto ospedalieri che tende ad allinearsi agli standard nazionali, con particolare riferimento ai posti letto per acuti;
  • alla promozione di interventi volti all’incremento dell’assistenza a livello territoriale;
  • alla riduzione della spesa farmaceutica territoriale;
  • alla riduzione del disavanzo del SSN dal 2007 al 2012 nella misura del 50% circa.

La valutazione complessiva dell’erogazione dei LEA riportata dalla griglia denota un generale e complessivo avvicinamento alla soglia minima ritenuta accettabile.

L’analisi condotta evidenzia in quali settori è necessario incrementare le azioni di riorganizzazione e riqualificazione dei SSR, in particolare:

  • assistenza territoriale per i disabili sia in setting domiciliare che residenziale e semiresidenziale;
  • assistenza ospedaliera relativa all’offerta di posti letto post-acuzie non ancora in linea con i parametri nazionali;
  • inappropriatezza dei ricoveri in regime ospedaliero di riabilitazione.

Il monitoraggio consente di cogliere e di orientare i processi di rinnovamento dei SSR soprattutto in quelle regioni che necessitano di maggiori interventi e misurare con attenzione lo stato di salute del nostro SSN al fine di incrementare nel futuro,  a parità di costi, le prestazioni in termini di efficacia ed efficienza. *

 

Anche l’OCSE, in uno studio effettuato in collaborazione con Agenas presentato il 15 gennaio 2015, evidenzia alcuni risultati positivi per la qualità dell’assistenza sanitaria in Italia rispetto ad altri Paesi, europei e non, ma anche il persistere di disparità regionali, motivo per cui è necessario “sostenere le Regioni e Province autonome che presentano una infrastruttura più debole, perché siano in grado di erogare servizi di qualità come le Regioni più virtuose", come afferma il Ministro della Salute Lorenzin.

La monografia fotografa la qualità dell'assistenza fornita, evidenziando le buone pratiche e proponendo una serie di valutazioni e raccomandazioni mirate a favorire un ulteriore miglioramento della qualità delle cure.

È anche necessario sviluppare un approccio più omogeneo ed ambizioso per monitorare e migliorare la qualità a livello nazionale. Un’infrastruttura informativa meno frammentata aiuterebbe a valutare meglio la qualità dell’assistenza sanitaria. Sarebbe opportuno sviluppare ulteriormente le responsabilità delle autorità nazionali, come ad esempio AGENAS, il cui ruolo è di supportare le Regioni e le Province autonome.

Infine, si rileva l’esigenza di una maggiore attenzione rispetto alla qualità della sanità anche livello nazionale. Infatti, se è vero che l’Italia fornisce un’assistenza sanitaria di qualità e a un costo relativamente basso – con 3.027 euro per abitante a parità di potere d’acquisto -, è altrettanto vero che spende molto meno di Paesi limitrofi come l’Austria, la Francia o la Germania. La lenta crescita della spesa prima della crisi e il taglio della spesa  connesso alle politiche di bilancio durante la crisi (-0,4% sia nel 2010 che nel 2011) hanno messo a dura prova le risorse.

L’Italia deve assicurare che continui sforzi per contenere la spesa sanitaria non intacchino la qualità dell’assistenza sanitaria come principio fondamentale di governance. L’allocazione delle risorse regionali deve avere un focus sulla qualità, ed essere collegata ad incentivi per il miglioramento della qualità. A livello regionale, devono essere concordati piani di miglioramento della qualità con obiettivi specifici. **

 

Sempre a proposito dei LEA, si segnala che un nuovo documento ministeriale di definizione è stato messo a punto a fine gennaio per poi passare alla fase dell’esame e della discussione con gli assessori regionali.

I servizi che dovranno essere assicurati ai cittadini, sono a totale carico dello Stato o con contribuzione di ticket. La spesa da investire per le nuove prestazioni, prevede una aumento delle disponibilità pari a 470 milioni di euro. Si tratta di una tappa necessaria per l'approvazione di nuove prestazioni e servizi che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento del ticket, con le risorse pubbliche. Nel piano del ministero entrano nei Lea la procreazione medicalmente assistita (Pma), l'epidurale, gli screening neonatali, le vaccinazioni per varicella, pneumococco e meningococco e il vaccino contro l'hpv. 

A guidare la riforma è l’idea di cancellare le prestazioni ritenute ormai superate e sostituirle con l'inserimento di nuove. ***

 

Infine, si segnalano alcune novità positive, annunciate in Campania dal Presidente Caldoro lo scorso 13 marzo, sul versante dello sblocco del turn over per 1.118 operatori in sanità a seguito dell’uscita dal piano di rientro, dalla riduzione degli sprechi e dalla messa in ordine dei conti. Attività rese possibili anche grazie al’azione della Centrale di Committenza regionale So.Re.Sa. Tutti elementi che pongono le basi per un miglioramento dei servizi.

La percentuale individuata per il reclutamento attua la deroga parziale del blocco del turn over, in considerazione della valutazione positiva espressa dal Comitato Permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza e a seguito del rispetto dell’obiettivo di risparmio realizzato dal Servizio Sanitario Regionale della Campania, che nel 2014 ha registrato un costo del personale inferiore di 350 milioni di euro circa al tetto previsto dalla normativa vigente.

Nei decreti è espressamente indicato che le aziende sanitarie, prima dell’avvio delle procedure di reclutamento, dovranno attestare il diretto collegamento tra le figure professionali che si avvieranno a reclutare e l’esigenza di assicurare i livelli essenziali di assistenza. ****

 

Fonti ed approfondimenti:

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** , (english),  (italiano, pdf)

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